Giulio Berton ... è stato scritto ...
Giuseppina Boranga:
“ I volti del Bellunese nella pittura di Giulio Berton “:
così l’ esposizione che si aprirà il 18 luglio in Birreria Pedavena con la quale si vuole ripercorrere l’evoluzione formale dell’artista che è considerato tra i più significativi del Novecento bellunese tale da essere inserito nelle collezioni civiche della città e del Comune di Pedavena. Allievo di Piccoletto e di Bassetto, è stato affascinato dal Postimpressionismo soprattutto di Cézanne, così da rendere i dati della realtà umana e paesaggistica bellunese nell’essenzialità delle forme e dei colori. Soprattutto nei paesaggi si richiama anche a soluzioni divisioniste e fauve . Le regolari e intense stesure cromatiche ricordano la modulazione cezanniana preludente all’astrazione con brillanti effetti d’insieme.
Nelle ultime opere paesaggistiche la linea si fa più distesa, il colore più morbido con effetti lirici di serena nostalgia.
Tuttavia è nei ritratti che Giulio Berton colpisce per la forza espressiva. Le stesure accese e accostate senza trapassi danno luogo a contrasti cromatici talvolta violenti che risaltano con immediatezza il carattere unico di personaggi riconoscibili spesso anche per aspetti fisiognomici locali .
La mostra, curata da Adriana Querincig Lanciato per il Centro europeo Rizzarda, si aprirà alle 18,30 in Sala Elefanti e si chiuderà il 19 settembre.
Paolo Rizzi:
- "Dipingere "en plein air", come fa Giulio Berton da almeno trentacinque anni, non è soltanto una prassi di chi segue l'orma degli Impressionisti. È un modo - oggi più nuovo di ieri - di entrare all'interno del rigoglio organico della natura: quasi a volerne cogliere il ritmo di ordine cellulare, quindi la modalità strutturale. Nella vallata e tra le colline di Limana, Berton succhia gli umori della terra ora, osservandola da lontano, ora fissandone il suo fermentare da vicino. Ecco che la vegetazione, specie nei quadri autunnali, sfarfalleggia con un movimento sempre variato; e l'artista ne fissa quasi il tessuto nel momento in cui si disgrega sotto una folata di vento. Ma ecco anche il respiro, quasi l'alitare del fogliame che nell'approssimarsi dell'immagine esce dalla convenzionalità ottica facendosi appunto intrico organico, aggrovigliata matassa sotto cui si nasconde il nucleo primo della vita. La pittura per Berton - almeno così ritengo osservando i suoi quadri - non è quindi soltanto un ritrasmettere l'emozione segreta del vedere: è un immergersi negli umori della natura come un insetto in straordinaria simbiosi fisica e psichica. Piace la scioltezza del tocco unitamente alla capacità di rendere gli effetti della luce-colore. Del pari piace lo sforzo che fa l'artista di darci quel "qualcosa di più" che soltanto la globalità del sentire capta. Allo stesso modo dei paesaggi, sono le nature morte o le figure, a testimoniare dello sforzo che fa Berton per uscire da modalità convenzionali. Labilità indubbia diventa un supporto; e la pittura uno strumento di conoscenza. L'artista in tal modo, mettendo a frutto la lezione di Piccolotto e insieme quella di Bassetto, è riuscito a conciliare fluidità e scioltezza dell'Impressionismo a nuovo sentimento della natura: cioè a rinverdire la grande stagione del dipingere."
Paolo Rizzi
Così dice di lui Lidia Brogliati 1998
«L'atteggiamento un po' bohemien non deve trarre in inganno: Giulio Berton è un'artista che concretamente costruisce giorno dopo giorno l'immagine di una natura amica che chiede di essere trasfusa sulla tela con rapide pennellate.
Berton visita di frequente il vasto parco di Cesa disegnato da Alessandro Poiteau, architetto dei giardini di Versailles.
Il suo occhio scompone e ricompone le forme dei lunghi viali di carpini, che diventano pretesto per una ricerca costante sul piano tecnico ed espressivo.
Il contatto dell'artista con la natura, soggetto talvolta insidioso, è diretto, senza forzature, lontano dagli "ismi". Si avverte semmai, ma non in senso riduttivo, l'insegnamento del Bassetto, che l'artista frequentò negli anni dell'apprendistato.
Berton coglie con immediatezza l'essenza della realtà e la rappresenta in tempi brevi: non ripetizione di moduli, ma coerenza eminentemente interiore e stilistica oltre che cromatica. Il colore infatti, un verde articolato in gamme infinite che diventano toni musicali, è il Lit-motif che caratterizza in senso unitario ogni composizione: i colori assumono la valenza di testimonianza di un momento in sé compiuto, e denunciano la padronanza dei mezzi espressivi adottati.
Nella "verità"che l'artista avverte nella natura c'è forse un risvolto psicologico, il sogno di racchiudere in un quadro tutto l'universo senza negare la realtà contingente del luogo e dell'ora. Questa unità di intenti si rivela anche luce candida di un paesaggio innevato.
Brevi pennellate modulate in forme ovoidali caratterizzano anche i numerosi acquerelli ove si sintetizzano ascendenze culturali, ricerche e personali esperienze, per cui il colore variamente vibra di timbri luminosi. Il tema di fondo risulta adombrato dal gioco, mai casuale, delle macchie cromatiche che diventano creazione, comunicazione, essenzialità, lirismo.
Motivo ricorrente nella vasta produzione del pittore è anche il ritratto. Sono volti di persone care o di incontri occasionali o autoritratti, in cui l'artista coglie la serenità piuttosto che l'inquietudine con il linguaggio ora scarno, ora lieve, talvolta volumetricamente saldo.
Berton indaga nel soggetto il segno interiore dell'esistenza, esprimendo la sua umanità intensamente sentita e vissuta»
Per Antonella Alban:
La pluriennale e prolifica produzione di Giulio Berton è connotata da un leit-motif che funge da denominazione comune sia nell'esperienza realistica che in quella non figurativa: lo studio della natura. La natura è vista come luogo accogliente, protettivo e, legato ad essa, si ritrovano il mondo contadino, il lavoro dei campi, la vecchiaia e l'esperienza degli anziani.
Nella raffigurazione paesaggistica si può notare un legame con la tradizione figurativa bellunese di Luigi Cima e Toni Piccolotto, ma essa è soltanto il punto di partenza.
Il colore di Giulio Berton non si stende per larghe campiture, è caratterizzato da pennellate e tocchi nervosi che connotano l'immagine, la fissano come in un istante, ma non la definiscono in modo netto e preciso con contorni e delimitazioni, le cromie vibrano sulla superficie e trasmettono la luce.
Le prime esperienze pittoriche mostrano vedute tipicamente bellunesi, frutto di uno studio attento del paesaggio in tutte le stagioni e in tutti i suoi aspetti, visto con l'occhio dell'anima, quasi un canto poetico che si leva spontaneo in onore della natura. Sempre in questo periodo nascono anche i primi ritratti che non sono mere raffigurazioni della fisionomia e della fisicità, ma estrinsecazioni dell'interiorità e del carattere, studi psicologici caratterizzati dalla vivacità degli sguardi e dell'espressione.
Il ritratto è un altro aspetto della produzione di Berton che mantiene una valenza anche oggi giorno, ritagliandosi uno spazio autonomo rispetto al rinnovamento stilistico che è venuto affermandosi nel corso degli anni.
Il passaggio dal figurativo all'astratto è avvenuto gradatamente. I tocchi vibranti di colori si sono trasformati in una tecnica che per certi versi può essere avvicinata al pointellisme di Signac. I tratti di materia pittorica dinamici e accesi scompongono l'immagine naturale in tante particelle che si ricompongono nella visione globale ed unitaria dell'insieme. Da qui all'astrazione il passo è stato breve. In una logica molto coerente la trasformazione stilistica è avvenuta a livello segnico. Le tonalità cromatiche sono rimaste tali, poiché il punto di partenza è sempre il riferimento naturalistico, sono mutati il senso spaziale e grafico. Il segno scompone ed essenzializza, comportando il passaggio ad una visione bidimensionale, dove diventano fondamentali le linee guida, i segni dinamici, i colori solari e puri. Scompaiono le velature, le sfumature, i passaggi graduali, ogni segno, ogni tratto ha valore in sè, si connota nella sua essenzialità e la natura diviene fantasia di colori e gioco di linee, un mondo gioioso e fantastico in cui l'uomo-artista è assoluto protagonista con la sua sensibilità e la sua razionalità.
Antonella Alban - dicembre 1994