"Cara prof, ti denuncio!"
Il frutto non cade mai lontano dall'albero
La perita di parte si presenta: «Sono Vera Braci, psicologa esperta in psicologia giuridica, incaricata di una controperizia dall’avvocato Rore. L’ho stesa esaminando la trascrizione dei colloqui condotti dalla psicologa Licia Frigo con Remo Stecon ed Alba Viola, la diagnosi della stessa, due temi di Remo, e infine due relazioni del consiglio di classe».
Comincia con le domande il Pubblico Ministero:
«Dopo l’episodio tra Alba e Remo, i compagni di classe si erano “divisi” tra alleati di Remo e alleati di Alba. Questa dinamica può essere stata causata dalla docente, per il modo di gestire i rapporti di classe, in seguito al divulgarsi del fatto?».
«No! È una dinamica di gruppo normalissima. Sarebbe anzi stato anomalo se ciò non si fosse verificato. Significativo è invece il fatto che i ragazzi della classe non siano diventati “accusatori” della loro professoressa, fenomeno, a questa età, che avrebbe potuto molto facilmente innescarsi, se solo vi fossero stati elementi anche minimi per poterla attaccare davvero».
Il mio avvocato chiede:
«Remo nel confronto riservato con Alba e la docente ammette il gesto, poi in seguito alle minacce dei genitori alla Egro, ritratta. Perché secondo lei?».
«Probabilmente è un riflesso dei modelli famigliari».
Il giudice interviene:
«Si spieghi meglio».
«I genitori, convocati per il fatto, telefonano a casa della docente, dimostrando poco rispetto delle regole istituzionali. Si rifiutano di andare a colloquio. In questo modo fanno vedere al figlio che è possibile “sfuggire” alle responsabilità delle proprie azioni, ed evitare così discussione e confronto».
Continua la difesa: «Quindi, secondo la sua diagnosi, il comportamento di Remo dopo il fatto è da collegarsi a una situazione famigliare pregressa?».
«Sì! Il meccanismo di “negazione e straniamento” di Remo, di cui parla la collega Frigo, e a cui attribuisce origine difensiva a causa dello stress ritenuto dannoso, causatogli dai comportamenti della professoressa Egro, appare, invece, come il banale applicarsi dei comportamenti appresi in famiglia. Inoltre gli insegnanti, decidendo in consiglio di non chiarire i fatti e lasciando sola la Egro nel suo sforzo educativo, hanno concesso a Remo una sorta di diritto a non ammettere e a non riconoscere socialmente la responsabilità di un proprio atto, liberamente scelto».
«Dunque, secondo lei, il comportamento della docente non ha provocato effetti negativi nella psiche di Remo?».
«Assolutamente no! Non è stato segnalato in Remo nessun effetto negativo nell’applicazione, nell’apprendimento e nei risultati. Nessun disagio né individuale né relazionale in classe o nella vita scolastica, né tanto meno è stato chiesto dalla famiglia il trasferimento del figlio ad altra classe o scuola, e lui, dopo le medie, ha continuato gli studi superiori senza traumi».