"Cara prof, ti denuncio!"
"Non ricordo"
Il primo testimone a favore dell’accusa è il dirigente scolastico Ortiga Nereo. Il carabiniere lo fa entrare. Arriva scuotendo le guance cascanti, nel tentativo di trattenere il suo consueto enigmatico bofonchiare. Passa davanti alla scrivania della difesa senza guardarmi. Sale pesantemente gli scalini del golgota per andare a leggere la formula di giuramento. Con voce bassa corre sulle parole, mentre l’otre ventrale sembra rotolare sul giudice, come il masso di Sisifo.
«Si accomodi alla sbarra!» lo invita il giudice.
Ortiga scende gli scalini come un automa e sembra volersene andare. Abituata a vederlo a scuola, in posizione dominante sulla pedana dell’Aula magna, saccente e protervo, qui è irriconoscibile: confuso e scomposto, con le filacce unte e cadenti dei capelli, la cintura tirata sul sottopancia, gli occhi acquosi vaganti e le mani mobili, a lisciare le maniche della giacca grinzosa.
«Alla sbarra prego!» lo ridesta il giudice Falco.
«Uhmm…» il preside sorride imbarazzato cambiando direzione verso il banco dei testimoni, dove viene invitato a declinare le generalità.
Inizia il mio avvocato:
«L’8 novembre del 2002, su richiesta della professoressa Egro, lei, in qualità di dirigente scolastico, indisse un consiglio di classe straordinario per discutere di un fatto riguardante l’alunno Remo Stecon».
«Non ricordo!».
«Nella sua richiesta di convocazione del consiglio, la professoressa Egro esplicitava il motivo: Remo Stecon si era calato le mutande davanti alla compagna Alba, e i genitori del ragazzo avevano minacciato la docente se avesse parlato!».
«Non ricordo!».
«Ma non mi pare un fatto facilmente dimenticabile!».
«Questi sono episodi che succedono normalmente, ed è impossibile ricordare il come, il quando, il chi!».
«Vuol dire che sono episodi così frequenti per cui nel suo istituto si tende a lasciar correre?».
Il preside Ortiga, guardando finalmente in faccia l’avvocato della difesa, riacquista la “dignità” necessaria a difendere la sua categoria:
«Sì, se sono sciocchezze come questa, altrimenti non è più finita! Chi non è dentro la scuola non può capire! Là succede di tutto: c’è chi si masturba in classe, chi palpeggia, chi interloquisce bestemmiando anche con l'insegnante di religione, chi pesta il cinese o il compagno “gay”, chi mima rapporti sessuali con il tavolino o alle spalle di una compagna!».
«È questa la merce formativa offerta dal suo istituto?».
Il preside sgrana gli occhi come un gufo appollaiato alla sbarra e schiude la bocca ma senza ribattere.
Il giudice richiama la difesa:
«Avvocato le faccio notare che è sotto accusa il comportamento dell’insegnante, non quello del dirigente scolastico!».
«Signor giudice, le mie domande hanno lo scopo di far capire il contesto in cui l’accusata operava» risponde l’avvocato.
«Proceda !» lo invita allora il giudice.
«Lei, dottor Ortiga, su sollecitazione della madre di Alba, il 15 gennaio del 2003 ha convocato i genitori dei due alunni coinvolti nell’episodio per un confronto chiarificatore. Perché non ha convocato anche la professoressa Egro?».
Al preside sembra montare l’insofferenza. Liscia le maniche, si libera dell’abbottonatura della giacca e allarga la cravatta:
«Non ricordo il perché!».
La difesa lo incalza:
«In quell’occasione i genitori di Remo accusarono la Egro di comportamenti persecutori nei confronti del figlio. La madre di Alba informò di tali accuse la professoressa Egro, che per iscritto chiese a lei e al dirigente provinciale – il documento è agli atti – una ispezione sul suo operato di insegnante in classe. L’ispezione le fu rifiutata! Lei è al corrente del fatto che, di fronte al sospetto di abuso da parte di un docente, il dirigente scolastico è tenuto ad accertare e segnalare eventuali abusi all’Autorità giudiziaria?».
Il preside gonfia leggermente le guance ma trattiene la sbuffata:
«I genitori si lamentano sempre di tutto e di tutti e noi dirigenti non possiamo vivere in uno stato d’ispezione continua!».
Il giudice interviene: «È a conoscenza del fatto che la professoressa Egro mandasse Remo ai servizi accompagnato da terzi?».
«Non ricordo!».
La difesa continua:
«Abbiamo agli atti il verbale del consiglio di classe del 5 dicembre 2002, da lei firmato, in cui la professoressa Reola di matematica comunica che, per evitare ulteriori guai dopo il denudamento da parte di Remo, intende farlo accompagnare ai servizi dal capoclasse.
All’unanimità il consiglio approvò l’operato della Reola. Ricorda?».
«No, non ricordo!».
«Lei censurò la professoressa Egro per mancata riservatezza, dopo che l’insegnante aveva criticato la latitanza della Scuola di fronte a gravi azioni commesse dagli alunni, in un’intervista concessa al quotidiano locale “La Pagina”. Ricorda almeno questo?».
«No, non ricordo!».
«Contro il suo richiamo, la professoressa Egro fece ricorso al Comitato del Contenzioso del ministero della Pubblica Istruzione, che riconobbe alla docente di essere nel giusto!».
«Sarà, ma non ricordo!».
«Com’è possibile per un preside dimenticare richiami scritti fatti ai docenti?».
«Perché sono prassi!».
«Prassi giornaliera?».
«Beh … insomma … prassi!».
«Non ho altre domande!». Il giudice si rivolge all’accusa.
«Ci sono domande? No? Allora il testimone può andare!».
Il preside Ortiga alza la sua mole con improvvisa elasticità e procede spedito, quasi travolgendo il carabiniere piantato sulla porta del Tempio.