Rotelli, una vita per il Nevegal
All'inizio di tutto furuno le rondini
Virginio Rotelli racconta: "Così creai l'orto botanico"
Articolo di Nicla Panciera (Corriere delle Alpi 30 luglio 2005)
BELLUNO. Sarà premiato oggi dagli Amici del Nevegal, Virginio Rotelli, primo ideatore e creatore dell'Orto Botanico in Faverghera. Eppure gli ideali di cui si è sempre fatto portatore non sembrano bene coniugarsi con le esigenze di tutt'altra natura di chi gli consegnerà il premio. E forse, sotto sotto, questo lo pensa anche lui.
Virginio, ottantun'anni il maggio scorso, è un uomo che come pochi incarna il rispetto per l'ambiente in tutte le sue forme. Il suo è un amore autentico, che non deriva da una ragione interiorizzata con la maturità, ma è anche un habitus trasmesso dal padre, un falegname parmense trasferitosi qui con la famiglia. «Abitavamo qui a Borgo Piave e c'era una scalinata esterna per accedere ai vari piani. Mio padre era solito piantare dei chiodi sulle travi per dare modo alle rondini di nidificare ma a noi bambini era proibito sostare sotto il nido per non disturbare i rondinini», racconta come se la curiosità che lo muoveva allora fosse ancora viva in lui. «Un giorno pensai di usare un palo sul quale un rondinotto sarebbe salito e così io lo avrei potuto vedere da vicino». Fu maldestro. II nido cadde. «Mio padre lo risistemò in alto. I piccoli non ebbero problemi, ma io dovetti disegnare per una settimana rondini e imparare a memoria delle poesie su di loro che il babbo mi passava ogni mattina».
II Nevegal era spoglio in quegli anni, tutto un pascolo. Nel 1936 iniziarono i primi rimboschimenti sulla Grava e il piccolo Virginio assistè col padre ai lavori. Fu una sorta di battesimo. «Guardate il bosco. Imparate a rispettarlo»: le parole del padre impresse nel cuore del bambino, che ancora oggi a ricordarle gli occhi gli si fanno lucidi. Da ragazzo conobbe la montagna, prima da partigiano, poi arrampicando sul Civetta, sul Monte Bianco e sul Rosa con Renata, la moglie. «Ci sposammo di mattina presto e poi subito via, in montagna, in Trentino». Con lei ha sempre condiviso le sue battaglie per l'ambiente, quelle contro i villaggi sul Nevegal e contro quelli progettati in Cajada o addirittura sul Serva, negli anni del boom.
Nel frattempo prendeva corpo l'idea di orto botanico, dopo un primo esperimento sull'Ardo, a Borgo Piave, distrutto da una piena. «I fine settimana tutta la famiglia partiva in auto alla ricerca di piante e fiori, che avevo iniziato a piantare in Nevegal con Mario Frare e con la complicità delle due guardie Guido Bogo e Giuseppe De Martin, di nascosto dall'ispettore Francesco Caldart perché temevamo non avrebbe dato il nulla hosta per timore di nuove spese».
Rotelli era membro dell'Aigba (associazione internazionale giardini botanici alpini) e dell'Alpin Garden Society, associazione che permetteva lo scambio delle sementi tra i soci, e il «Bullettin of the Japan Alpin Rock Garden Society» nel 1980 gli pubblica un pezzo sulla Gentiana Froelichii, forse una delle più belle specie d'alta quota. Rotelli, dopo averla cercata ovunque, riuscì a trovarla sulle Caravanche, la famiglia nel campeggio, sporgendosi quasi per caso dietro una roccetta.
L'inaugurazione della sua creatura, l'Orto Botanico, avviene in occasione del congresso nazionale dell'Associazione Pro Natura, nel giugno 1967 in Nevegal. Lo splendido giardino terrazzato in pietre conteneva già più di 1500 piante, sia raccolte in natura che nate da quelle sementi speditegli dagli amici sparsi in tutta Europa. «Dopo tantissimi anni che non vedevo l'orto, ci sono tornato giovedì scorso. Una forte emozione. C'erano ragazzi che si domandavano il perché della presenza di piante non locali (le sue ndr). Glielo ho dovuto raccontare io». Guarda le vecchie foto degli anni sessanta quando il Nevegal appariva totalemente diverso da come è ora. «Per fare il terrazzamento, usavamo sassi buttati lì da chi puliva i pascoli, una gran fatica, ma per l'orto era una soluzione più gestibile di quella attuale».
Già nel 1969 si rese necessaria una custodia per l’Orto e la piccola struttura: “Avevo un vivaio, essenziale anche oggi per ogni orto botanico, e una notte mi rubarono tutti i vasetti. Almeno nei tre mesi estivi andava controllato per bene e così fui il primo a sostenere il passaggio alla custodia della Forestale, con Alessandro Merli”, racconta “nel 1971 divenne Riserva Naturale Integrale”.
Un giorno però venne cambiata la serratura e Virginio Rotelli restò fuori.
Fondatore della Lipu, membro di Italia Nostra, del WWF, fu attivista anche del Cai Salvaguardia della Natura Alpina: “vennero fin quassù a controllare quelle teste calde di belluno, dissero”. E sì, perché a quei tempi, l’ambientalismo coerente era una rarità, figuriamoci la lotta aperta alla caccia. Che Rotelli condusse anche come membro del Comitato Caccia di Pordenone in rappresentanza della Federnatura, dove ottenne una delle più soddisfacenti vittorie. Un ambientalista ante-litteram. Rotelli avrebbe molto da dire anche sulla nascita del Parco delle Dolomiti Bellunesi, per la quale si impegnò in prima linea fino dagli inizi quando ancora erano molti i pareri contrari: “La gente dovrebbe capire che nella natura è nascosta la nostra storia”.