Il Piave attraversa il Cadore
Alto Cadore
Presso Presenaio si scorgono cumoli di ghiaia: è la prima di una lunghissima serie di cave di “oro bianco”che riempiono di buchi il letto del Piave soprattutto nella zona trevigiana.
A Santo Stefano di Cadore il Piave è già un fiume dentro un paesaggio di alti abeti e vette scoscese, costeggiato da una serie di segherie con cumoli di tronchi e tavole. A Cima Gogna sbocca sul Piave l’affluente Ansiei che taglia la valle Auronzana. Nel 1930 la costruzione della diga idroelettrica di Santa Caterina all’entrata di Auronzo ha creato un lago che trattiene l’acqua dell’Ansiei.
Medio Cadore
Da Cima Gogna il Piave prosegue verso il Medio Cadore lambendo i paesi di Lozzo, Lorenzago, Domegge, Calalzo, ultima fermata della ferrovia.
A Rizzios di Calalzo, nel 1878, Angelo Frescura che aveva imparato in Francia, dove era emigrato, a lavorare gli occhiali, impiantò la prima fabbrica del Cadore usando la forza motrice dell’acqua per far muovere i macchinari. L’industria dell’occhiale, oggi fortemente in crisi, divenne la principale attività economica del Cadore, tale da richiamare, negli anni ottanta, pendolari anche da fuori provincia.
A Pieve di Cadore, una diga, terminata nel 1951 e alta cinquantacinque metri, blocca il corso del Piave formando il lago di Centro Cadore.
Una condotta dentro la montagna a sinistra del fiume lunga ventitre chilometri con cinque metri di diametro, porta l’acqua del lago ad alimentare la centrale idroelettrica di Soverzene, seconda in Europa. Questa centrale assorbe a pieno regime fino a ottantotto m3/s. d’acqua che, in uscita, è fatta procedere attraverso un canale di derivazione fino al lago di Santa Croce, per essere sfruttata ancora negli impianti idroelettrici del Fadalto. L’acqua confluisce quindi in sei grandi bacini lungo tubature, canali e gallerie sotterranee, fino a scaricarsi nel Livenza o essere rilasciata nei pressi di Nervesa, dove è captata dai consorzi irrigui.
Il Piave è il più importante produttore di energia elettrica in Italia. Il 90 per cento dell’acqua viene sottratto al corso naturale del fiume.
Schema idraulico del piave
Aprite il file .pdf per visualizzare in dettaglio lo schema idraulico del Piave
"Dal lago di Pieve di Cadore si sviluppa, sulla sinistra del Piave, per una lunghezza di 25 km, la galleria principale in pressione che adduce le acque del sistema Piave-Boite-Maè al bacino di Val Gallina, che è l’elemento di interconnessione tra tutti gli impianti e la centrale di Soverzene.
Infatti nella galleria di adduzione suddetta confluiscono da destra, con attraversamento del Piave su tubazione a sifone, le acque dell’affluente Boite regolate dal lago serbatoio di Vodo di Cadore, e le acque del Maè regolate dal lago di Pontesei.
Le acque del Piave, captate presso Soverzene a quota 390 m, sono addotte al lago di S. Croce.
Il lago di Santa Croce è stato sistemato a grande serbatoio di regolazione stagionale, con la costruzione sul lato nord di una diga in terra lunga."
Dal volume Le dighe e le centrali idroelettriche del Bacino del Piave, Camillo Pavan Editore, Treviso, 2001
Basso Cadore
Privato dell’acqua fatta confluire alla centrale di Soverzene, dallo scarico in basso della diga di Pieve di Cadore, ricomincia il cammino del Piave ridotto alle dimensioni di un torrente alpino.
A Perarolo di Cadore, l’affluente Boite confluisce nel Piave. Fino agli anni venti del novecento, Perarolo è stato un importante porto fluviale. Era il luogo dove veniva costruito un “cìdolo”, cioè una barriera artificiale che formava un lago dentro il quale si fermavano i tronchi tagliati nell’Ampezzano e scesi lungo il Boite e quelli del Cadore, fatti arrivare attraverso l’alto corso del Piave: centinaia di migliaia di tronchi che ogni anno prendevano la via di Venezia assemblati in zattere.
Da Perarolo, il Piave prosegue per Castellavazzo, il paese della pietra grigia con venature rosso-brune tanto richiesta nel passato e arriva a Longarone.
Prima di Castellavazzo (come da foto) un ponte canale attraversare il fiume, dentro il tubo scorre l'acqua che proviene dal bacino di Pontesei nello Zoldano che viene baipassata in direzione della centrale di Soverzene.
"Codissago era un centro di grande rilevanza dal momento che nelle vicinanze dell’abitato sorgevano una zona portuale ed edifici per il deposito e la lavorazione del legname. Le zattere provenienti da Perarolo attraccavano presso il porto di Castello in località La Punta, a nord del paese, dove si trovavano gli sbarramenti (le roste, oggi solo parzialmente visibili) delle segherie Malcolm, nota famiglia di mercanti di legname di origine scozzese. In questo luogo una parte del legname veniva immessa, tramite un canale di derivazione, nei grandi impianti di segagione situati in sponda destra all’altezza di Roggia, dove sorgeva anche la pregevole villa Malcolm. Con il disastro del Vajont tutte queste strutture sono andate perdute e rimangono soltanto alcuni resti delle roste in corrispondenza del ponte che collega Codissago a Castellavazzo." Tratto da Wikipedia
Longarone si trova in una posizione abbastanza a valle, così da permettergli di diventare un centro economico di discreta importanza sia prima sia dopo la sua distruzione nella sciagura del Vajont.
Prima del disastroso evento, oltre al commercio di legname, Longarone ospitava una filanda, una cartiera, una fabbrica di occhiali e nella frazione di Faè la fabbrica di faesite travolta dall’onda del Vajont insieme al suo proprietario e inventore Osvaldo Protti. Egli nel 1936, in seguito all’embargo internazionale che vietava all’Italia fascista l’importazione di legname, inventò il legno sintetico ottenuto dalla lavorazione dello scarto del legno (ramaglie, scorie varie di segherie) che, ridotto nelle sue fibre essenziali, viene riformato in tavole flessibili sotto l’azione di gigantesche presse idrauliche funzionanti a pressione di venti atmosfere e riscaldate con vapore ad altissima pressione.