La valle di Zoldo
Itinerario da Belluno a Selva di Cadore di 61.5 Km ca., escluse deviazioni
Si esce da Belluno verso nord-est lungo la strada regionale 50 del Grappa e Passo Rolle, in territorio fortemente antropizzato fino a Ponte nelle Alpi (km 8), dove si devia sulla statale 51 d'Alemagna in direzione di Longarone (km 10). Qui si prende la provinciale 251 che percorre dapprima lo stretto canale di Zoldo, per raggiungere in 17.5 km Forno di Zoldo, centro principale della bassa valle. Si attraversano quindi i vari abitati del comune sparso di Zoldo Alto, salendo gradatamente con ulteriori 17 km fino alla forcella Staulanza, da cui si può scendere lungo la Val Fiorentina fino a Selva di Cadore (9 km).
Poco dopo Ponte nelle Alpi, una deviazione sulla destra porta in 4 km a Sovèrzene (m 424, ab. 424), nel cui comune si trova un'importante centrale idroelettrica costruita nel 1955, tra le maggiori della provincia.
Longarone
La cittadina attuale (m 473, ab. 4122) è stata quasi completamente ricostruita dopo la tragedia del 9 ottobre 1963, quando una frana di 260 milioni di m3 di roccia precipitò nel bacino idroelettrico del Vajònt, producendo una gigantesca ondata che si rovesciò sul sottostante fondovalle del Piave, radendo al suolo il centro con altre frazioni e provocando duemila vittime.
i9). Il cimitero delle vittime del Vajònt è a Fortogna, frazione che si attraversa provenendo da Belluno; alle stesse è dedicata la nuova parrocchiale*, costruita nel centro del paese nel 1966-76 da Giovanni Michelucci. Vi è ospitato un piccolo museo con frammenti della precedente chiesa recuperati dopo il disastro; le terrazze spiraliformi offrono invece viste interessanti sull'intorno (notare i murazzi a monte del paese, terrazzamenti costruiti alla fine del XVIII secolo per proteggere gli orti). Una parte della centrale via Roma conserva alcuni palazzetti scampati alla distruzione, tra cui il municipio, che ospita il Museo civico, dove sono documentate la catastrofe del 1963 e la ricostruzione che ne è seguita.
A Codissago (m 461) frazione della vicina Castellavazzo (m 498, ab. 1738), si trova il Museo etnografico degli Zattieri del Piave, che documenta la storica attività di fluitazione del legname lungo il fiume - dapprima liberamente, quindi legato in zattere - dal Cadore fino a Venezia. Interrottosi con l'avvento dell'epoca industriale, il commercio del legname costituiva la principale fonte di ricchezza dei paesi rivieraschi. Il museo contiene attrezzi e costumi antichi, fotografie, documenti e modelli di imbarcazioni.
Forno di Zoldo
Superato l'angusto canale di Zoldo - la parte bassa della valle del Maè, che ha le caratteristiche di una stretta forra - si raggiunge il nucleo centrale di Forno di Zoldo (m 810, ab, 2874), al centro di una piccola conca attorno a cui si distribuiscono le sue varie frazioni, perlopiù a mezza costa. Il nome deriva dall'antica presenza in loco di forni fusori, legati alle attività di estrazione dei metalli (soprattutto ferro, piombo e zinco) che per secoli - dal medioevo sino a non molti decenni fa - hanno costituito la fondamentale risorsa economica dello Zoldano, contenendone così lo spopolamento. In via S. Francesco ha sede il Museo del Chiodo, che ospita una significativa documentazione sulla lavorazione dei chiodi e sull'attività dei chìodaìoli («ciodarot»), che nel 1873 costituirono un'associazione cooperativa con oltre settecento operai. In frazione Pieve, alta su un poggio, sorge quella che da sempre è la chiesa plebana di Zoldo, dedicata a S.Floriano.
Di origini antichissime (secolo x), appare ora in forme tardo-quattrocentesche, con la facciata arricchita da affreschi risalenti al secolo XVI, coevi all'altissimo campanile.
All'interno, dal suggestivo aspetto tardo-gotico, si trovano due interessanti tempere attribuite a Gerolamo da Trento (nel presbiterio); di particolare pregio è il famoso altare delle anime* (navata sinistra), magistrale opera lignea dello scultore bellunese Andrea Brustolon (1682-85).
Da Pieve si può risalire la valletta del torrente Ruorto fino a Zoppè di Cadore (m 1461, ab. 306), in bellissimo, integro ambiente naturale in vista della parete sud del Pelmo. Vi si trovano begli esempi di antichi edifici rustici, con graticciati lignei ricchi di intagli, rivolti a mezzogiorno; nella parrocchiale, pala attribuita a Francesco Vecellio rappresentante Madonna e santi.
Sempre da Pieve, lungo la statale 347 che sale in direzione della forcella Cibiana, si raggiunge la borgata rurale di Fornesighe (m 1010), insediamento storicamente dedito ad attività siderurgiche (come anche testimonia il nome), che mantiene pressoché intatta la struttura abitativa antica, composta perlopiù di abitazioni d'aspetto massiccio ascrivibili alla tipologia della casa multifamiliare (o multifuoco), con caratteristiche intelaiature lignee e intersecate da stretti vicoli.
La vale di Goìma e il passo Duràn
Usciti da Forno di Zoldo, in frazione Dont (m 935) si devia sulla sinistra, imboccando così la valle di Gòima.
Presso le scuole elementari di Dont si trova il Museo degli Usi e Costumi della Gente della Valle di Goìma, a testimonianza delle peculiarità sociali e linguistiche di questa valle rispetto al restante territorio zoldano. Vi sono esposte suppellettili riferite all’agricoltura, alla metallurgia, alla filatura e all’allevamento, nonché una raccolta di fotografie. L’abitato più elevato della valle, Chiesa (m. 1246), custodisce nella parrocchiale un trittico ad ante di scuola tedesca, attribuito a Rupert Posch (1518); di qui, in breve si è al passo Duràn (m 1601), da cui la vista spazia sul versante agordino, verso il comune di La Valle Agordina (m 800, ab. 1209).
Zoldo Alto
Dominata a ovest dalla muraglia incombente del Civetta (m 3220) e a nord dalla vista imponente del Pelmo (m 3168), la conca che si apre alla testata della valle del Maè ospita le frazioni che compongono il comune sparso di Zoldo Alto (ab. 1144), alcune delle quali hanno conosciuto in anni recenti un notevole impulso turistico. Tra queste, Fusine (m 1177), dal toponimo di chiara derivazione mineraria, dove si trova la parrocchiale di S. Nicolò, che contiene un crocifisso ligneo di Andrea Brustolon; Maresòn (m 1338), la cui chiesa conserva l'altare della croce, opera giovanile sempre di mano del Brustolon (1699); e Pecol (m 1387), la frazione più sviluppata turisticamente, anche per la vicinanza al complesso sciistico di Palafavera (m 1520), che si estende sulle pendici del Civetta e si collega con Alleghe e la val Fiorentina. Le frazioni di Costa (m 1425), Brusadòz (m 1376) e Coi (m 1493), defilate dal fondovalle, conservano interessanti esempi di dimore rustiche tradizionali.
La forcella Staulanza e l’alta val Fiorentina
Dopo i prati di Palafavera, la strada sembra puntare diritta verso la parete del Pelmo, la cui vista* è da qui particolarmente impressionante. La maestosa mole si fa sempre più prossima man mano che ci si avvicina alla forcella Staulanza (m 1773), insellatura aperta tra Zoldano e val Fiorentina, che sprofonda al di sotto col suo tappeto di abetaie. Da qui, sembra veramente di toccare con mano le pareti del colosso dolomitico, ma il panorama è notevole anche sulle cime del crinale che divide dalla valle del Bòite, tra cui in primo piano le Rocchette (m 2495) e, più distante, la Croda da Lago (m 2701). Tra fitti boschi, comincia la discesa nella val Fiorentina*, fino a raggiungere le case di Pescùl (m 1415), prima frazione attrezzata turisticamente del comune di Selva di Cadore. Segue, a breve distanza, Santa Fosca (m 1424), dove si trova l'omonima chiesa, dalle forme gotiche ben conservate: menzionata già sul finire del '200, ma ricostruita nel xvI secolo, ha in facciata un grande affresco con S. Cristoforo e la santa titolare; all'interno, tabernacolo in legno dorato dovuto al Brustolon.
di Massimiliano Calligola
Testo tratto da Belluno e provincia- Feltre, Cortina d'Ampezzo e le Dolomiti bellunesi, Guide d'Italia , Ed.Touring Club Italiano, Milano, 2004.