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A volte altruisti e a volte egoisti I due volti di ogni individuo nella trappola della quarantena

LA STAMPA 21 aprile - TUTTO SALUTE - NICLA PANCIERA

Metà dell’umanità è in isolamento. Una situazione inedita, le cui conseguenze psicologiche di lungo periodo non sono completamente prevedibili, non esistendo passate esperienze di simile durata. Nella rassegna apparsa su «Lancet» degli studi della passate epidemie, come Ebola, Sars e H1N1, i ricercatori del King’s College di Londra non hanno trovato durate di confinamento superiori a 21 giorni. Tra gli effetti rilevati, «disturbi emotivi, depressione, stress, insonnia, sintomi di disturbo post-traumatico da stress, rabbia e, più spesso, disturbi dell’umore e irritabilità». Ma i due messaggi principali della revisione riguardano, da un lato, l’importanza di una chiara comunicazione sulle ragioni della necessità di una quarantena e sui protocolli da seguire e, dall’altro, l’estrema vulnerabilità anche degli operatori sanitari, pur non sottoposti a isolamento. Che cosa ci mette più alla prova di tutta la situazione attuale? «Più problematiche dell’impossibilità di vedere fisicamente davanti a noi l’oggetto delle nostre paure - spiega Tiziana Metitieri, neuropsicologa clinica dell’Aou Anna Meyer, Firenze - sono l’incertezza e la presenza di una minaccia per la salute, che all’inizio abbiamo faticato a percepire, perché siamo abituati al “tutto si può risolvere” e siamo vittime di una distorsione cognitiva che ci porta a pensare con ottimismo al futuro anche senza averne motivo».

Un bene futuro La dimensione della realtà che viviamo è collettiva e sociale. Si chiedono sacrifici individuali immediati per il bene collettivo futuro: dall’isolamento in casa all’evitare atteggiamenti come le fughe in treno o lo svuotamento degli scaffali. «Che sono decisioni tutt’altro che irrazionali - spiega la psicologa -: sono la migliore strategia di sopravvivenza messa in atto dall’individuo a un messaggio, come spesso è passato, più vicino al “si salvi chi può” che alla chiara spiegazione di una strategia accompagnata dall’appello alla solidarietà di gruppo». È questa una posizione condivisa dalle scienze sociali e del comportamento, che vengono in aiuto nella gestione di una situazione che non ha precedenti. Come spiegano 36 ricercatori europei e statunitensi che si occupano di psicologia sociale in un’analisi, non ancora pubblicata ma disponibile nella versione preprint su PsyArXiv: «Sebbene le reazioni di alcune persone alla paura e alla minaccia siano focalizzate sul sé, altre si concentrano maggiormente sul modo in cui le persone pensano e rispondono agli altri». Come a dire che il prevalere di atteggiamenti di cooperazione o di competizione dipende da molti fattori, ma può essere guidato da un’adeguata comunicazione istituzionale e mediatica che non sorvoli pericolosamente su alcuni processi psicologici fondamentali. Così, andrebbe ampliato il senso di appartenenza al gruppo,

reazione che è solo in parte naturale di fronte all’esperienza condivisa di un disastro, e ridotta l’ostilità e il pregiudizio verso l’altro, puntando sul fatto che «siamo tutti nella stessa barca». «Il fattore-chiave è l'emergere di un senso di identità condivisa che porta le persone a preoccuparsi e a prendersi cura degli altri», scrivono gli esperti, che aggiungono, però ,che «le persone sono più propense a collaborare se vedono gli altri farlo». E quindi, in pratica, puntare costantemente il dito contro chi viola le norme non fa altro che - spiega Tiziana Metitieri - «incentivare le defezioni e disincentivare la collaborazione, favorendo così l’emergere del comportamento stigmatizzato».

Incertezza e complessità Strettamente legato all’incertezza, c’è il non riuscire a immaginarsi il domani. «Sarebbe opportuno, in questo isolamento terribile, iniziare a capire come potrebbe essere il dopo - aggiunge Tiziana Metitieri - Ognuno va abituato all’idea che altri cambiamenti seguiranno». Infine - scrivono ancora gli psicologi sociali - «gli atteggiamenti mentali, in risposta all’incertezza e alla complessità, sono in grado di influenzare il benessere, il comportamento e anche la fisiologia». Nel bene e nel male. «C'è una via d’uscita da questa pandemia e ci sono anche dei risvolti positivi (come la possibilità di connettersi con i propri valori o migliorare l'assistenza sanitaria) che saranno trascurati, se adottiamo atteggiamenti mentali che li precludono». —

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