ABM - Un ritorno a un paese che non c’era più: il dramma degli emigranti nel disastro del Vajont raccontato in una mostra immersiva al MiM Belluno
Il 9/10/1963 è una data che ha segnato profondamente la storia della provincia di Belluno e del Friuli Venezia Giulia: il disastro del Vajont
Il 9 ottobre 1963 è una data che ha segnato profondamente la storia della provincia di Belluno e del Friuli Venezia Giulia. Una notte tragica, durante la quale un’immensa frana cadde nel bacino artificiale del Vajont, provocando un’onda distruttiva che cancellò intere comunità, causando oltre 1.900 vittime e lasciando un vuoto incolmabile nelle famiglie e nei territori colpiti. Ma l’onda devastante non ha travolto solo chi era presente. Anche chi viveva lontano, gli emigranti, ne fu colpito in modo altrettanto violento.
Il giorno dopo la tragedia iniziarono ad arrivare i primi emigranti, richiamati dalla drammatica notizia. «Quale strazio vederli sedere sulle valigie e guardarsi intorno smarriti, non erano neanche capaci di piangere. Poi giravano qua e là cercando il posto dove poteva essere stata la loro casa». Questa testimonianza, raccolta nel libro “L’abbraccio e la parola” di Viviana Capraro, descrive la disperazione di chi tornava nel luogo che avevano lasciato per cercare fortuna altrove, solo per trovarlo completamente distrutto.
Quegli uomini e quelle donne, che erano partiti con il desiderio di un futuro migliore, avevano lasciato il proprio paese con la speranza di un arrivederci. Ma per loro, quel 9 ottobre di sessantuno anni fa, l’addio si trasformò in un colpo doloroso e inaspettato. Le immagini dei luoghi, delle case e delle persone care che avevano conservato gelosamente nei loro ricordi si scontrarono con una realtà di rovine e desolazione. Un paese che non c’era più, un pezzo di vita spezzato irrimediabilmente.
Per rendere omaggio a queste storie e per mantenere viva la memoria di quella notte, l’Associazione Bellunesi nel Mondo ha realizzato la mostra immersiva “9 ottobre 1963. Il risveglio degli emigranti”, visitabile presso il MiM Belluno – Museo interattivo delle Migrazioni (via Cavour 3, Belluno), sede dell’Associazione. L’esposizione, che si avvale del sostegno della Regione del Veneto e della collaborazione con il Comune di Longarone, l’Associazione Vajont – “Il futuro della Memoria” e il Comitato Sopravvissuti del Vajont, mira a raccontare il disastro attraverso la prospettiva degli emigranti, spesso trascurata nelle narrazioni di quella tragedia.
La mostra si sviluppa in un percorso virtuale articolato in sei capitoli che portano il visitatore ad approfondire il dramma del Vajont attraverso immagini, filmati e testimonianze di chi visse quei momenti. Il primo capitolo, “9 ottobre 1963”, offre un’introduzione per comprendere il contesto e le conseguenze del disastro. “Quella sera…” raccoglie il racconto degli attimi immediatamente successivi all’ondata da parte di chi era presente a Longarone e Soverzene. “L’eco dell’onda arriva all’estero” è dedicato a come la notizia giunse agli emigranti e ai loro dolorosi ritorni in una terra irriconoscibile. “Un mondo che finisce” racconta le storie delle comunità scomparse, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. “La rinascita” esplora il processo di ricostruzione e la tenacia di chi, anche dall’estero, contribuì alla rinascita dei paesi distrutti, mentre l’ultimo capitolo, “La memoria”, propone riflessioni su un lutto ancora aperto, a distanza di sessant’anni, che continua a segnare la storia e l’identità del territorio.
L’esposizione si può visitare da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00. Per maggiori informazioni: info@mimbelluno.it o contattare il numero 0437 941160.
Sessantuno anni dopo, il disastro del Vajont resta una ferita aperta. La memoria, mantenuta viva anche grazie a iniziative come questa, è il filo che lega le generazioni e che impedisce che quel dolore venga dimenticato. La mostra al MiM Belluno non è solo un tributo alle vittime, ma anche un monito per ricordare l’impatto che eventi come il Vajont hanno avuto sulla vita degli emigranti, colpiti nel cuore pur trovandosi lontani fisicamente, ma vicini con l’anima ai propri cari e alle proprie radici.