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Aprono le mostre di Helmut Newton e Patrick Mimran a Le Stanze della Fotografia

Veduta dell'Isola di San Giorgio
Le Stanze della Fotografia

Le Stanze della Fotografia annunciano l'apertura al pubblico delle esposizioni: HELMUT NEWTON. LEGACY e OUT OF FOCUS di PATRICK MIMRAN - Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia

Le due mostre saranno accompagnate dall’esposizione delle opere dei vincitori della open call rivolta a giovani fotografi under 30, promossa dalla Fondazione Le Stanze della Fotografia con scadenza il 29 febbraio 2024. La partecipazione all’iniziativa, sostenuta da Fondazione di Venezia, è stata gratuita e prevedeva l’invio di tre fotografie che formassero un racconto ispirato alla frase di Helmut Newton: «Il mio lavoro come fotografo è quello di sedurre, divertire e intrattenere». Su 191 partecipanti e oltre 200 progetti, si sono distinti i lavori dei polacchi Diana Sosnowska con Piccole Perversioni (Il Viaggio Frenetico dell'Utero Errante) e Wojciech Wójcik con Naked and Dressed e dell’italiano Jo Fetto con Les Odalisques (Oltre la carne).- Press Kit

HELMUT NEWTON. LEGACY - dal 28 marzo al 24 novembre 2024 - Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia
In mostra la più completa esposizione del fotografo Helmut Newton e la serie di scatti inediti di Patrick Mimran mai esposti in Italia
Newton sbarca a Venezia con la più completa esposizione di opere che ripercorrono la sua intera vita umana e lavorativa. La retrospettiva Helmut Newton. Legacy, in programma dal 28 marzo al 24 novembre 2024, è a cura di Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e Denis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia.
All’anagrafe di Berlino è Helmut Neustädter, ma il mondo ormai lo conosce come Helmut Newton. Nato il 31 ottobre 1920 in una famiglia ebraica benestante, nel 1938 è costretto a lasciare la Germania per le leggi razziali. Decide di imbarcarsi per Singapore, e nel 1940 arriva poi in Australia, dove aprirà un piccolo studio di fotografia.
A Melbourne nel 1945 conosce June Browne, nome d’arte Alice Springs, attrice e fotografa e musa ispiratrice, con la quale condividerà un percorso affettivo e professionale. Sono stati compagni di vita e sposati per più di 55 anni.
Il titolo della mostra, a Venezia dopo Milano e Roma, già evoca l’immensa eredità lasciata ai posteri che si potrà ripercorrere, passo dopo passo, nello spazio dell’Isola di San Giorgio Maggiore, affacciata sul Bacino di San Marco. L’esposizione racconta la carriera di un protagonista del Novecento che ha lasciato un segno nella moda – come dimostrano le collaborazioni con la rivista Vogue e con stilisti quali Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Anna Molinari (Blumarine), Thierry Mugler e Chanel – ma anche nel nuovo modo di approcciarsi al nudo femminile, testimoniato nel suo celebre Big Nudes. Il libro cult del 1981 raccoglie i 39 scatti in bianco e nero, molti presenti in mostra, pionieri di una frontiera della fotografia non ancora esplorata, quella della gigantografia e degli scatti a grandezza umana. Sospesi tra acqua e cielo, gli scatti di Newton a Venezia enfatizzano ancora di più lo stile elegante e audacia del fotografo che per la prima volta arrivò in Laguna per la rivista Queen. «Il suo passaggio in Laguna è documentato più volte, come si potrà vedere nella mostra nel servizio per Queen nel 1966 o nel ritratto ad Anselm Kiefer, immortalato in un affascinante palazzo sul Canal Grande o, ancora nel servizio che fece per Yves Saint Laurent che ha per sfondo proprio l’isola di San Giorgio Maggiore» racconta Matthias Harder, a capo della Fondazione Helmut Newton. «Dopo aver abitato in Australia, Newton si stabilisce in Europa, prima a Parigi e poi a Monte Carlo intensificando le sue visite a Venezia».
La mostra è stata concepita come un omaggio a cento anni dalla sua nascita (1920 - 2004), ma soltanto dopo la pandemia ha iniziato a essere fruibile a migliaia di spettatori che ogni volta rimangono incantanti nel realizzare l’intensità del percorso di Newton. La sua familiarità con la macchina fotografica è evidente già a 12 anni quando è attratto da quell’oggetto capace di immortalare il mondo. A 16 lo troviamo a lavorare come apprendista dalla famosa fotografa Yva dove inizierà a sperimentarsi con gli autoritratti e a gettare le basi per quello che poi sarà il suo stile, raccontato attraverso materiale d’archivio, riviste, libri e le sue memorabili foto scattate con la polaroid che documentano la sua instancabile ricerca. La svolta avviene nel 1961 quando viene contrattualizzato da Vogue Paris per scattare servizi di moda e decide di trasferirsi con la moglie June in Francia dove il suo genio creativo trova spazio nella realizzazione di shooting che fino a quel momento non si erano mai visti. A quel tempo c’erano già molti maestri che avevano contribuito a portare la moda fuori dalla classica stanza dove venivano fotografate le modelle come William Klein, per esempio, che aveva portato le modelle in mezzo al traffico di New York. La novità di Newton che gli consentirà di trovare un suo personale spazio creativo, è quella di introdurre nelle foto di moda lo story telling. In quasi tutte le sue foto il servizio di moda diventa infatti una storia e la storia è un pretesto per raccontare gli abiti, ma non solo. Le sue storie diventano irresistibili perché sono sempre avvolte da un alone di mistero, a volte perché evocano le atmosfere del cinema, altre perché rimandano alla pittura di artisti come Velázquez, Goya o Magritte e altre perché ispirate alla sua passione per la cronaca nera. Newton diventa celebre anche per la sua capacità di catturare in uno scatto la personalità di chi ha di fronte e lo dimostra immortalando stilisti, musicisti e artisti come Gianni Versace, Andy Warhol, Charlotte Rampling, Romy Schneider, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Nastassja Kinski, David Bowie, Elizabeth Taylor, Arthur Miller, solo per citarne alcuni. «Nella mostra veneziana è ancora più evidente il metodo Newton» spiega Denis Curti. «Lui realizzava i lavori per i suoi committenti, ma poi agli stessi lavori dedicava uno spazio di sperimentazione personale. Nascono così moltissimi dei suoi shooting che diventeranno storia e che si possono ammirare nel percorso».
La macchina fotografica per Newton è la porta di accesso che gli permette di fissare nel tempo e nello spazio la scenografia che ha in mente. L’occhio fissa nell’obiettivo rivisitazioni di film di Alfred Hitchcock, François Truffaut o Federico Fellini, ricostruite con maestria come scene di un set cinematografico.
È stato un artista visionario, ma anche capace di leggere l’attualità e di rielaborarla, come dimostrano lo shooting di Prada ispirato alla sua ossessione per la cronaca nera.
L’eredità di Helmut Newton sarà raccontata in sei capitoli cronologici: gli esordi degli anni Quaranta e Cinquanta in Australia, gli anni Sessanta in Francia, gli anni Settanta Francia e Stati Uniti, gli Ottanta tra la Costa Azzurra e la California e i numerosi servizi in giro per il mondo degli anni Novanta.
 
OUT OF FOCUS DI PATRICK MIMRAN
Il 28 marzo apre al pubblico anche la mostra Out of focus con gli ultimi dieci anni di ricerca fotografica dell’artista ecclettico Patrick Mimran. Per l’occasione saranno esposte anche una serie di opere inedite, mai viste in Italia. Fino all’11 agosto 2024, si potranno ammirare infatti le sue trentatré fotografie in bianco e nero di grandi dimensioni, la maggior parte associate a tre più piccole e a colori. L’ambiguità è sempre stata fonte di espressione per Mimran che, anche per Out of Focus, ha lavorato sulla mancanza di nitidezza.

Inconscio, astrattismo e surrealismo. Sono le suggestioni che offre la fotografia di Patrick Mimran, protagonista della mostra Out of focus ospitata nelle Stanze della Fotografia a cura di Denis Curti.
Nato a Parigi nel 1956, Mimran si è da subito imposto nel panorama culturale come artista pluridisciplinare, orientandosi verso la fotografia, la musica, la tecnologia, la multimedialità e le installazioni. Attraverso l’arte Mimran affronta i grandi temi dell’umanità – la morte, la bellezza, la sessualità – con uno sguardo originale e ironico, creando composizioni provocanti e giochi di parole. Non a caso, l’ambiguità è sempre stata fonte d’espressione per lui, come dimostrano i fuori fuoco in mostra. 
In Out of focus, l’artista ha infatti lavorato principalmente sulla mancanza di nitidezza, non solo dei contorni, ma dell’intera immagine. L’obiettivo è quello di farne emergere la realtà completa nel suo insieme, attraverso uno sguardo che all’inizio sembra astratto, ma che diventa sempre più realistico man mano che lo si osserva.  Questo aspetto contrasta con la nitidezza delle immagini a colori che, con il loro formato più piccolo, accompagnano e definiscono le grandi fotografie. Se lo strumento fotografico è stato progettato per rappresentare la realtà così com’è, con grande precisione e realismo, Mimran pare utilizzarlo al contrario. Per l’artista il modo migliore per catturare un soggetto, sia esso un essere vivente o un oggetto inanimato, non è quello di rappresentarlo il più fedelmente possibile, ma di allontanarsi il più possibile da esso, fino all’astrazione.
«Ho riflettuto molto sul mezzo fotografico durante il mio percorso e, ancor di più, durante la realizzazione di questa serie. La fotografia è un mezzo artistico pieno di contraddizioni» spiega Patrick Mimran «Da un lato, sembra essere il più adatto a rappresentare la realtà nel modo più oggettivo possibile e, dall’altro, coloro che la utilizzano hanno tutti un’interpretazione diversa di ciò che è la cosiddetta realtà oggettiva. Tutte queste interpretazioni si oppongono e divergono le une dalle altre. Per quanto mi riguarda, la realtà oggettiva non mi interessa. Non mi piace vedere le cose come sono, ma come le immagino o come vorrei che fossero».
Rapportandosi con le opere dell’artista, lo spettatore viene trasportato in un mondo sensoriale e immaginario dove tutto è possibile. Questa esperienza, alle volte profondamente intima ma totalmente universale, è frutto di una fotografia che non vuole sottostare ad alcun ordine realista. Nelle parole del curatore Denis Curti, osservare le immagini di Patrick Mimran significa «rinunciare al privilegio della dell’ovvio e del conosciuto. Misteriose e oniriche, le sue fotografie si intrecciano con la realtà con una intensità che invita a riflettere sulle nostre relazioni con il tempo e con lo spazio».
 
Ufficio stampa Marsilio Arte - Giovanna Ambrosano, Vera Mantengoli   ufficio.stampa@marsilioarte.it   + 340 5021740 + 347 3221163
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